CON ARACHNE NEL SANGUE
Assillati, quei pugliesi, da qualcosa che ad un certo punto
della loro vita li conduceva ad un impedimento invalidante confinante con la
morte sociale. Quasi all’improvviso, inaspettatamente; un fatto acuto. Un ragno
li aveva avvelenati con la sua puntura. Dicevano. Per millenni avevano allevato
quel ragno. Dai tempi d’Athena e forse anche prima. La cura consisteva prima di
tutto in una terapia comunitaria. La persona non veniva mai esclusa dalla comunità
di riferimento. Fino a quando su quelle persone cadde il sigillo dello stigma
che spinse i punti dalla tarantola ad averne vergogna del loro essere al mondo.
Un ragno che entra vivo, sosta strepitando e esce morto. Il ritmo della musica
in una danza insistente, decisa era anche il ritmo dell’empatizzazione tra il
punto e la sua tarantola. Quell’immedesimazione necessaria ad accogliere la
tarantola, a conoscerla non dall’esterno dell’osservatore curioso ma disponendo
le proprie vene a piste e balere per il tremolante saltellio delle sue svelte
zampe, era anche predisposizione a meglio capire come liberarla per meglio liberarsi.
Il tarantolismo.
Sulla tarantola e sui tarantolati che per millenni hanno
vissuto le strategie dell’avvelenamento come quelle della guarigione, prima per
assunzione quindi per espulsione, si è inserito, pungolo di ragno, il gioco
delle ipotesi tutte accompagnate dalla garanzia di scientificità. Non ultimo, La terra del rimorso di Ernesto De
Martino, studio sul campo, fondamentale contributo, dicono, alla comprensione
del tarantolismo, anzi, per la verità, del “tarantismo”.
Quasi senza accorgersene, quasi senza volerlo, l’autore
che respingeva l’ipotesi “avversa” della malattia, scivolando sulle varie
ipotesi, in un gioco di proiezioni e di rimandi, arriva a vergare i dati, le
testimonianze e le conclusioni per una nuova malattia, una diagnosi
psichiatrica: “tarantismo”.
Dai “tarantati”
ad Arachne il ragno e da questa ai “tarantati”,
per dire che, dopo tutto, si tratta di un filone di follia che da Arachne
arriva fino ai “tarantati”, indirizzati
alla Neuropsichiatria, e da questi a quella fino alla mitologia dell’antica
Grecia.
Può piacere o no ridurre un fenomeno millenario ad una
nuova malattia psichiatrica, può piacere o no un etnologo che pone diagnosi di
malattia mentale ma De Martino de La
terra del rimorso andrebbe studiato veramente con amore e passione sul
tavolo anatomico dell’entomologia. Una fonte preziosa da molti punti di vista,
specie per chi non ama che dietro la malattia mentale, stigma come il “tarantismo”, scompaia l’individuo, la
sua storia, il suo senso per fare spazio a sessanta gocce di Serenase per tre
anche a vita.
Io non so se dell’autore quel poco che o letto l’ho fatto
veramente con amore. L’avrei voluto.
Attenti agli effetti collaterali. Se il ragno punge avvelena.
IO LO CHIAMO TARANTOLISMO di Gaetano Bonanno
IO LO CHIAMO TARANTOLISMO di Gaetano Bonanno
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