a cura di
Gaetano Bonanno
Edizioni delle inutilità
Ott. 2014
Pungesse o mordesse come caspita
vuole. Con i velenosi aculei o come ombra nera dall’essenza del niente
tramandata da mitologici racconti dei lontani accadimenti e da ancestrali
abitudini. Cosa mai mi può interessare se la Tarantola morde o punge. Non
saremo poi così ingenui anche se di ortodossia, ortodossi e ortodossanti ne
abbiamo piene e anche rotte le palle. Avvelena, avvelena o sono tutti folli,
sono tutti folli. Avevano ragione i primi, i secondi o i terzi. Ci vorremo
mettere alle prese con le ragioni altrui fino ad ibernare le nostre in attesa
dell’incognita di un’amorevole mano che ci venga, oggi domani, a scongelare?
Tutto questo. Tutto quello che
volete se proprio volete rischiare. Tant’altro ancora. Lavoratori della notte.
Della ragione e della sragione. L’altalena ci dondola sempre sull’orlo, proprio
sulla bocca del precipizio. Talvolta la spinge un venticello tal altra una
tempesta la scuote. Eppure è la Tarantola che ci stuzzica e ci scazzica inondati
come siamo di mitologia e nauseati dai proprietari dell’interpretazione che ci
rincorrono con la promessa e la minaccia del disvelamento protetto dietro
spessi oscuri vetri blindati che ci venderanno coattivamente senza scelta e solo
a caro prezzo. Un gioco di curiosità inutile. Come il gioco del solitario o il
tirare pietre con la fionda sulle bottiglie di birra che il giovane moderno
alcolizzato ha consumato nella succedanea eccitazione d’abbandonarle
prosciugate sui verdi sentieri della montagna. Inutile vuole essere chi gioca
solo e non perde mai. Ma nemmeno vince. Si potrà mai sapere se la «taranta»
di de Martino fosse di Utilità, e se lo era lo era a qualcuno, o fosse
completamente inutile sostenuta da un lavoro di due mesi in campo che portò lo
scompiglio nel mondo dei ragni. Incuriosisce dopo le conclusioni dell’etnologo
ritrovare qualche volta un ragno dalla faccia tosta che si viene a presentare
nero e dalle gambe corte come quelle di un nano di corte e a mettere in
ridicolo e in imbarazzo le più serie conclusioni di quotati benefattori
dell'umanità. Quasi da non crederci, proprio da La terra del rimorso
tecnica d’una Tarantola depurata salta fuori, proprio da lì, un Ragnatello nero che riportando indietro
la sveglia delle parole e dei ricordi si va a stanziare in Sicilia e
propriamente a Palermo da dove, per lo stesso de Martino, ebbe origine l’indimendicabile
evento dal quale la Tarantola fu ridotta per sempre in Taranta.
Non è che per caso de Martino ci volle dire che
il suo «tarantismo» nacque proprio a Palermo? Non è che per caso
vorrebbero spostare la Notte
delle taranta lì dove il «tarantismo»
originò? Suvvia. Qua si vuole solo salutare la faccia tosta di una Tarantola
che si permette d’affacciarsi alla finistra sui territori del tutto ormai
ridotto a delirio allucinatorio de Martiniano. Niente di più. È che questa
finestra, dopo che gliel’hanno aperta i Normanni a Palermo, gliel’aveva anche
aperto il dottor Giovanni Meli, a Cinisi. Sempre a Palermo. Contraria-Mente?
Non siamo sicuri. (Leggi)
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