in
SUPERSTIZIONI PREGIUDIZI E TRADIZIONI
In Terra D’Otranto,
con un’aggiunta di Canti e Fiabe Popolari
Giuseppe Gigli
Firenze -
Tipografia di G. Barbèra - 1893
Mi
piacerebbe certo capire com’è che la coscienza individuale e l’inconscio
collettivo di quelle povere femminucce
del popolo pugliese potessero ritrovarsi nello stesso calderone miasmatico
della coscienza individuale e dell’inconscio collettivo dei signori del Dominio
dal cui Potere non era sicuramente stata esclusa la Puglia. Non mi è capitato mai
di sentire raccontare ad una guida turistica, nel suo accompagnamento in scavi
archeologici, monumenti, castelli, palazzi signorili, di quella infinita
schiera di uomini che, a schiena curva, avevano trasportato pesanti rocce fino
in cima ai sogni dei potenti. Una rutilante eccitazione li assale nel loro
purulento sbavare delle imprese del re e dell’amore per il suo popolo. Quegli
uomini per loro non sono esistiti come oggi, a fianco dei palazzi simbolo del
passato Potere e augurio del nuovo Dominio, non esistono le case di quegli
schiavi. Il tempo non era per loro. Per loro non erano gli archetipi.
Ne Il ballo della tarantola, Giuseppe Gigli
racconta quanto “una povera femminuccia
del popolo” gli aveva narrato sulla sua esperienza di puntura di Tarantola.
Inserisce il capitolo tra superstizioni, pregiudizi e tradizioni per il fatto
che, dando per assodato secondo scienza che quella Tarantola sia velenosa,
ritiene che un pregiudizio del popolo di Terra d’Otranto sia, invece, “quello del ballo nelle morsicature delle
tarantole”. Pur ritenendo pregiudizio il ballo che per le persone punte era
cura e terapia della puntura velenosa, sospende il giudizio quando accoglie il
racconto della “povera femminuccia”
che dopo tre giorni di ballo si sentì guarita, rendendolo in italiano e
pubblicandolo a documento clinico del ballo della tarantola. (Recensione)
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