venerdì 30 marzo 2012

DAL T.S.O. AL CIMITERO



FRANCESCO MASTROGIOVANNI



Mitologia giudiziaria per un uomo ammazzato dalla Psichiatria




Continuano le udienze del processo per la morte di Francesco Mastrogiovanni, avvenuta il 4 agosto del 2009 dopo che gli psichiatri l’avevano rinchiuso in TSO presso un reparto di Psichiatria dell’ospedale civile di Vallo della Lucania (SA). Comunque la pensiate, Francesco Mastrogiovanni entra vivo in un odierno reparto della Salute Mentale ed esce in una bara. Comunque la pensiate, tutta la bibliografia, perfino scientifica, che dichiara la contenzione un atto non medico, non assistenziale, non sanitario, niente conta in una Istituzione come quella della Salute Mentale, dove si vende prezzolata relazione empatica e si pratica inequivocabile relazione di Potere tra imposizione di gerarchie, di subalternità e di spudorata e sfacciata manipolazione, in ogni occasione, a tutti i livelli e sotto ogni punto di vista. Comunque la pensiate, la stessa Legge che ha continuato a consentire la contenzione sia farmacologia che meccanica che psicologica nella Psichiatria ri-formata della Salute Mentale, sta ora mettendo in scena, sui luccicanti acclarati palcoscenici dei suoi Tribunali, la crudele e sanguinaria reiterazione dell’assassinio di Mastrogiovanni. È un’offesa alla dignità dell’umanità tutta, di ogni individuo, della famiglia di Mastrogiovanni, di tutti coloro che l’hanno conosciuto e che ancora gli stanno vicini, un ulteriore infangare la dignità dello stesso Francesco, il credere che dai Tribunali esca la “verità” su quello che è successo a Mastrogiovanni; che da un Tribunale possano uscire i responsabili. Comunque la pensiate, la verità l’ha raccontata Francesco prima che fosse condotto in Psichiatria e durante tutto il suo ricovero; la sta raccontando ancora dopo la sua morte. La verità l’hanno raccontata le videocamere che hanno registrato quell’assassinio che per porre fine a quella vita ha impiegato più di 48 ore. Assieme alla verità sono stati indicati, al di là del miserabile tentativo di dividersi e diluire la responsabilità fino allo scagionamento, tutti i responsabili nelle varie categorie. Comunque voi la pensiate, noi ci sentiamo meglio quando ci fidiamo delle nostre pur provvisorie conclusioni; quando ci promettono verità di Stato già ci coglie l’ansia e la paura del prossimo assassinio. E chi sarà l’altro? Dove la verità che è sotto gli occhi di tutti non è sufficiente al meccanismo giudiziario è perché già si sono specializzati nello scrivere quella verità che a quel meccanismo nella sua complessità sarà più utile. Pur se costretti alla sopravvivenza in un succedaneo di vita, dallo Stato ci difendiamo come possiamo e anche fin dentro i Tribunali che non sono certo una nostra scelta. Con questo, nessuna fiducia in nessuno Stato, in nessun Governo, in nessun Tribunale, in nessuna Giustizia, in nessuna Galera, in nessuna Istituzione psichiatrica. Quello che hanno fatto contro Mastrogiovanni non è la prima né l’ultima volta; lo stanno continuando a fare in modo diverso nei confronti di tanta altra gente che si rivolge in cerca di aiuto all’Istituzione psichiatrica. Per questo vi invitiamo alla lettura di ciò che schifosamente hanno fatto contro Mastrogiovanni e di quanto di vergognosamente comico, pur nella sua tragedia, stanno continuando a sceneggiare nei Tribunali di Stato che in quanto tali sono sempre stati anche i Tribunali della Psichiatria prima, della Salute Mentale dopo. A nessuno auguriamo Tribunali e Galere che vogliamo distrutti. Di questi e della loro funzione Mastrogiovanni ci sta parlando anche da morto, gridando invano. Lo psichiatra, più o meno graduato, secernerà acredine, livore, rancore, indignazione, astio, cattiveria, malevolenza, farà bile e sputerà risentimento non ad una critica seria, come tanta ce n’è di possibile, quanto anche ad ogni pur minimo venticello critico che, rivolto alla democratica organizzazione, sente rivolto anche a se stesso. Non abbiamo difficoltà a comprendere ciò, in quanto è per questo che talvolta scarabocchiamo qualche pezzo di carta; nella speranza che l’indignazione contro la critica possa sublimarsi ad insurrezione contro una Istituzione che, diversamente manicomiale, produce ancora vittime, sofferenza e morte. Allo psichiatra risentito anche per un minimo di critica auguriamo di tutto cuore di non andare a finire mai in Tribunale. Allo stesso modo gli auguriamo di tutto cuore di fare la fine che ha fatto Francesco Mastrogiovanni dopo oltre 80 ore di contenzione psichiatrica. Una delle tante udienze è quella del 27 marzo 2012 della quale apprendiamo attraverso il comunicato-stampa di Vincenzo Serra.




FRANCESCO MASTROGIOVANNI - Udienza del 27 marzo 2012




Siti con materiale sulla morte di Mastrogiovanni



Su You Tube, cliccando Mastrogiovanni, sono disponibili diversi video sulla vicenda di Francesco Mastrogiovanni.



Indichiamo di seguito alcuni tra i documenti più recenti.
1) - http://www.youtube.com/watch?v=-LN0tsDy1AY
Video con intervista a Michele Capano - udienza del 27 marzo 2012. Telegionale di SET di Vallo della Lucania valeri(Sa) sull'udienza del Processo Mastrogiovanni del 27 marzo 2012, andato in onda il 28 marzo, con le domande dell'avv. Michele Capano (legale di Unasam) al dott. Michele Di Genio e una dichiarazione dello stesso sul processo in corso a Vallo della Lucania a carico dei sei medici e dei dodici infermeri imputati per la morte di Francesco Mastrogiovanni, avvenuta nel reparto di psichiatria dell'ospedale San Luca di Vallo della Lucania il 4 agosto 2009.



2) - http://www.facebook.com/l.php?u=http%3A%2F%2Fwww.youtube.com%2Fwatch%3Fv%3Db68q8U8MlYo&h=oAQEEQYBK



Intervista alla Prof.ssa Livia Bicego di Trieste di Gigi Pastore di Unotv di Sala Consilina. La Bicego ha seguito l'udienza del 28 febbraio 2012 del Processo Mastrogiovanni.


3) - http://www.unotvweb.it/wtv/video/1891112


Processo Mastrogiovanni, L’avvocato Capano: “orfani della pubblica accusa”



“E' un processo anomalo perchè siamo orfani della pubblica accusa. Il dr. Renato Martuscelli anche oggi e per l'ennesima volta ha taciuto!”



4) - http://www.unotvweb.it/articolo/1885098/


Video del Processo Mastrogiovanni - Udienza 13 marzo 2012 trasmesso da UnoTv di Sala Consilina a cura di Gigi Pastore.


Con interviste a:


Alessio Coppola - Presidente di Telefono Viola


Avv. Gioacchino Di Palma - Avvocato di Telefono Viola


Avv. Michele Capano - Avvocato di Unasam




La Redazione

venerdì 2 marzo 2012

LA FOLLIA DEL RAGNO

ROSSO TARANTA



Il libro con la copertina gialla porta da Rosso taranta a La terra del rimorso, da Angelo Morino ad Ernesto De Martino. Per la scandalosa omosessualità pur se, come il Tarantismo ma anche diversamente, cozzava contro i ritmi del modernismo De Martino non aveva individuato né nel ragno né nel Tarantismo gli orizzonti della sofferenza d’una omosessualità normalmente repressa. Questa intanto di già era caduta nel trattamento psichiatrico dove non avesse lasciato la pelle nelle violente strade dell’abiezione. In ogni caso era meglio essere morsi dalla taranta dietro la quale si celava una condizione socio-culturale che riconoscere alla base del Tarantismo anche la possibile tragedia di un’omosessualità repressa. Possibilità non riconosciuta da De Martino che diventa, per Morino, una provocazione che lo porta dal Piemonte fino nel Salento e negli stessi luoghi dove l’etnologo aveva condotto la sua ricerca e dove riscontra che il profilo di molti tarantati è lo stesso profilo di rispettivi omosessuali. Egli evidenzia come, dichiarato il Tarantismo un fenomeno delle donne, l’etnologo abbia escluso dal fenomeno sia uomini che omosessuali. Esclusione non casuale, per un attento osservatore come De Martino, ma sinistramente determinata. Morino nel Salento trova che il progetto della liquidazione del Tarantismo in tutti i suoi aspetti ha portato i frutti sperati dalla Modernità. Non certo quelli sperati dai bisogni delle comunità del Salento. Trova pure che il ragno è finito in Psichiatria. Se per le comunità pugliesi il ragno era la causa dell’enorme sofferenza che portava al Tarantismo, per De Martino questa causa non era da ricercare nel ragno quanto in una repressione sessuale e sociale che colpiva il sesso femminile in contesti sociali arretrati al punto che l’etnologo riteneva che i tarantati fossero selvaggi. Un tale legame di causa ed effetto evidenzia un punto di vista deterministico comune tra i tarantati e De Martino. Nella reinterpretazione del Tarantismo la conclusione di De Martino rimane deterministica dove il ragno viene sostituito dalla cultura che non ha né la stessa forza in senso terapeutico comunitario né la stessa funzione del simbolo. Pur se nella stessa logica deterministica l’oggetto/ragno si può anche uccidere nell’oggetto/simbolo, ma come si distrugge la cultura nella miseria della subalternità? Come si distrugge la borghesia alla base della subalternità delle classi contadine? Non si distrugge; non si deve distruggere. Si deve lasciare avanzare col modernismo e fargli spazio lì dove può trovare delle difficoltà. Gli usi e costumi delle comunità pugliesi dei tarantati, che poi altro non sono che la vita per quelle comunità, sono state individuate, additate, squalificate ad ostacolo per il progresso galoppante della Modernità. Parlava della borghesia, di classi, ma per De Martino non sembra che l’arretratezza delle classi contadine del Sud fosse da addebitare ad un rapporto di classe ma alla chiusura delle classi contadine al progresso e alla Modernità. Le letture e le interpretazioni del mito cambiano ma De Martino, abbandonando il mito e le sue possibilità di diversa e svariata lettura, entra nella vita delle comunità dei tarantati con un’azione in una prospettiva: intervenire attivamente per una liquidazione anticipata e attiva del Tarantismo. Fino a quel momento il Tarantismo era stato un fatto culturale, da allora in poi diventava un fatto di Neuropsichiatria. Ecco come allora si presenta la liquidazione del Tarantismo: come l’annientamento della cultura della comunità del Salento. Non certo liquidazione della borghesia e della logica del Capitale ma promozione di un progresso sulla testa delle popolazioni e degli individui. Forse, come una volta la Terra, la taranta avrebbe finito di essere al centro dell’universo; scalzata dalla famelicità e dalla voracità della tecnologia, del progresso, del Capitale, sostituita da una categoria nosologica e diagnostica, nuova maschera sul volto di una nuova non meglio identificata e definita entità nominata “malattia mentale”. I tarantati ricorderanno nei barbieri, nei becchini, nei muratori i loro terapeuti la cui insistenza ritmica di mani, strumenti e cuore palpitanti su corde, pelli d’animale scuoiato e strumenti soffiati riusciva, all’interno di una relazionalità empatica e comunitaria, a sollevarli dalla malattia; i “malati mentali” negli psichiatri manicomiali ricorderanno i mille trattamenti della tecnologia della relazionalità autoritaria di Dominio; le comunità, più o meno vicine al Tarantismo e noi stessi, di De Martino non dobbiamo dimenticare la terapia proposta. In tal senso è necessaria un’opera di smitizzazione e di disvelamento della rimozione. La critica di Morino ha lavorato in tal senso. Dei due autori non capiremmo bene Morino se non avessimo letto La terra del rimorso.



LA FOLLIA DEL RAGNO (Leggi)



La terra del rimorso. Contributo a una storia religiosa del Sud , Ernesto De Martino, il Saggiatore S.P.A., Milano 2009; Saggi



Rosso taranta, Morino Angelo, Editore Sellerio Palermo 2006; collana La memoria



L'Incompatibile