venerdì 14 novembre 2008

RIMINI - DANNO FUOCO AD UN BARBONE



LA LOGICA DELL’ECONOMIA

NON HA POSTO PER CHI NON HA NIENTE

La logica delle utilità trionfa sulla disperazione giornaliera delle persone e sulla morte dei più deboli. A Rimini hanno dato fuoco ad un barbone. Al di là dell’imbecillità di qualche idiota che tenta di passare alle cronache come assassino, la pratica della persecuzione dei senza fissa dimora appare come un vero e proprio fenomeno dell’Economia. Una pratica che accomuna i Governi, anche quelli italiani, e gli elettori di quei governi. Certe cose, certi oggetti, certe azioni, certi individui sono veramente inutili per l’Economia per la quale rappresentano un serio pericolo. Per questo vengono attaccati doppiamente: prima come prodotto impresentabile della stessa Economia, quindi come prodotto che si rivolge contro la stessa Economia. I prodotti, le cose di una contraddizione di morte. In una dimensione economica mentre il Governo tenta di cavare utile anche dalla inutilità di un barbone o di un senza fissa dimora, l’intolleranza fatta cultura suggerisce di buttarli a mare, le teste vuote fasciste e l’imbecillità senz’altro titolo propongono il fuoco. All’interno di una relazionalità alla cui base troviamo la filosofia dell’Economia si sviluppano i comportamenti più aberranti e le azioni più atroci di alcuni individui contro altri. Quell’idiota che gli ha dato fuoco sta mostrando al mondo intero proprio quello che col suo gesto assassino voleva nascondere: l’importanza rivoluzionaria e la pericolosità che per il Capitale hanno le scelte e le azioni delle inutilità. La cultura dell’Economia è anche cultura dell’intolleranza. Se è urgente il fuoco è importante e necessario promuovere le relazioni delle inutilità e bruciare quelle delle utilità. L’Economia tiene a bella mostra i suoi oggetti utili. Un “Clochard” non è tra questi. Faremmo volentieri a meno degli utili idioti nelle mani del regime. Agli assassini auguriamo sempre una palla in fronte. Faremmo volentieri a meno anche del ritmo incalzante dell’invenzione di sempre nuove malattie mentali.

INUTILITÀ DI UN BARBONE

UN ROGO A RIMINI

venerdì 7 novembre 2008

CRITICA DEL METODO PSICHIATRICO


L'AUTORITARISMO È ANCHE
UNA QUESTIONE DI METODO

La Psichiatria che tratta di “malattie mentali”, di psicofarmaci, di TSO, di ricoveri, di diagnosi, è anche una questione di metodo. Una critica delle Psichiatrie dell’istituzione Dipartimento di Salute Mentale non può fare a meno della conoscenza del metodo per la critica del metodo stesso. Alla Psichiatria l’autoritarismo viene anche dai modelli adottati, dalle diagnosi, dalle classificazioni, dalle misurazioni. È facile una critica dell’autoritarismo della contenzione fisica o chimica. Più complicato è criticare l’autoritarismo del metodo. Dove una critica genericamente anti-psichiatrica temporeggia alla ricerca di una malattia nella lesione d’organo, le Psichiatrie introducono la dimensione fisica dell’informazione dalla quale derivano ulteriori modelli di malattia. Non per questo vogliamo giustificare il nuovo autoritarismo. Ideologia e pregiudizio prevalgono su scienza, cultura e buon senso. È anche da tanti psichiatri che proviene una critica all’ipotizzato fondamento scientifico della Psichiatria. Il concetto e il modello di “malattia” cambiano nel tempo. In campo biologico si identifica una causa necessaria, anche se non sufficiente, a determinare la malattia. Chi si occupava di “malattia mentale” era laureato in “Medicina e Filosofia”. Alla fine del ‘700 la Psichiatria si pose nel filone della Medicina. La Medicina si avvale di concetti, teorie, sistemi non congruenti con il campo di studio medico. In Psichiatria sono i comportamenti ad essere “malati” o abnormi. Il fatto psichiatrico non può essere circoscritto nell’arida descrizione del naturalista. Da qualsiasi parte si contesti la Psichiatria si contesta la diagnosi. Insuccessi nel tentativo di uno statuto più aderente alla scienza. Gli indicatori del DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disordini Mentali) sono del tutto arbitrari. Una classificazione ateoretica frutto di un compromesso. Non si distinguono sintomi “primari” come conseguenza diretta della malattia. Nessuna correlazione tra causa ed effetti. Le classificazioni che portano alle diagnosi sono puramente intuitive e ipotetiche. La individuazione e la raccolta degli indicatori di malattia dove non impossibili sono arbitrarie. Se i sintomi rimangono alla base della Psichiatria si oppongono al principio di indeterminazione di Heisenberg. Alla ricerca della riproducibilità e dell’oggettività dei fenomeni. Tra reliability (affidabilità) e validity (validità) c’è la differenza che c’è tra il fast food e la buona cucina. Le diagnosi non sono malattie. Le misurazioni psichiatriche contrastano con i principi base della logica. Tutti i presupposti teorici delle Psichiatrie sono ancora tutte da verificare. I postulati della Psichiatria sono in contrasto con le evidenze della moderna epistemologia e psicologia. Il metodo per potersi criticare si deve conoscere. Nessuno meglio dello psichiatra sa parlare del metodo. Dove vanno le Psichiatrie. (Leggi tutto)

La Redazione

mercoledì 5 novembre 2008


«VOGLIAMO LA VERITÀ»
Ad ottobre Renata Laghi muore in un
reparto della Salute Mentale di Forlì
Il 6 ottobre scorso, a 53 anni, Renata Laghi muore per «arresto cardiaco» presso un Dipartimento di Salute Mentale, in circostanze poco chiare. A fine settembre viene accompagnata all’ospedale di Forlì per una visita. Il medico, dopo aver deciso un ricovero immediato per Renata che rifiuta volendosi ricoverare in un’altra struttura, ordina un Tso, (Trattamento Sanitrio Obbligatorio) e da quel momento in poi Roberta non tornerà più a casa. Renata è stata trovata dai suoi legata a letto, sporca, assetata. Riferiva che la maltrattavano, che la picchiavano e la umiliavano. Sul suo corpo sono state notate un sacco di ematomi. Andare per tribunali è costoso. La famiglia di Renata chiede aiuto. (Leggi l'articolo)