sabato 18 ottobre 2014

IL BALLO DELLA TARANTOLA




in

SUPERSTIZIONI PREGIUDIZI E TRADIZIONI

In Terra D’Otranto, con un’aggiunta di Canti e Fiabe Popolari

Giuseppe Gigli
Firenze - Tipografia di G. Barbèra - 1893


Mi piacerebbe certo capire com’è che la coscienza individuale e l’inconscio collettivo di quelle povere femminucce del popolo pugliese potessero ritrovarsi nello stesso calderone miasmatico della coscienza individuale e dell’inconscio collettivo dei signori del Dominio dal cui Potere non era sicuramente stata esclusa la Puglia. Non mi è capitato mai di sentire raccontare ad una guida turistica, nel suo accompagnamento in scavi archeologici, monumenti, castelli, palazzi signorili, di quella infinita schiera di uomini che, a schiena curva, avevano trasportato pesanti rocce fino in cima ai sogni dei potenti. Una rutilante eccitazione li assale nel loro purulento sbavare delle imprese del re e dell’amore per il suo popolo. Quegli uomini per loro non sono esistiti come oggi, a fianco dei palazzi simbolo del passato Potere e augurio del nuovo Dominio, non esistono le case di quegli schiavi. Il tempo non era per loro. Per loro non erano gli archetipi.
Ne Il ballo della tarantola, Giuseppe Gigli racconta quanto “una povera femminuccia del popolo” gli aveva narrato sulla sua esperienza di puntura di Tarantola. Inserisce il capitolo tra superstizioni, pregiudizi e tradizioni per il fatto che, dando per assodato secondo scienza che quella Tarantola sia velenosa, ritiene che un pregiudizio del popolo di Terra d’Otranto sia, invece, “quello del ballo nelle morsicature delle tarantole”. Pur ritenendo pregiudizio il ballo che per le persone punte era cura e terapia della puntura velenosa, sospende il giudizio quando accoglie il racconto della “povera femminuccia” che dopo tre giorni di ballo si sentì guarita, rendendolo in italiano e pubblicandolo a documento clinico del ballo della tarantola. (Recensione)