venerdì 7 marzo 2008

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RELIQUIE
TRA LEZZO E NON-LUOGHI


Dobbiamo andare fin sopra la Stultifera Navis e solcare le acque nere che fecero da culla e da bara per tutti quegli individui ritenuti per un qualche motivo incompatibili con le quotidiane frastornazioni di chi, rimanendo in città, si sentiva sulla terra ferma? Siamo sulle stesse acque e sullo stesso lezzo.
Spinti a calcare melma sulla quale stanno facendo scivolare la nave della nostra ormai moderna follia ci siamo incontrati con il manicomio. Ad ognuno il suo. Con “Cosi di pazzi. La real casa dei matti” il manicomio non s’era ancora collassato; molto meno traumaticamente stava ancora attuando un passaggio soft verso il manicomio diffuso sul territorio portandosi dietro la speranza e la motivazione di alcuni non molto tempo dopo riciclati pure loro. Non è facile resistere alla piena né ai posti di comando.
Le “buone pratiche” le puoi considerare solo quando riesci a distinguerle e farle emergere dalle pratiche manicomiali diffuse sul territorio, dalle pratiche della cronicizzazione, dalle pratiche dell’in-trattenimento con le quali ti confronti, le critichi, le cambi e, se è il caso, le denunci. Tale critica non è possibile nelle sedi di partito, in modo fittizio nelle direzioni psichiatriche, nei covi degli apici di qualsiasi colore. Quella è critica del campo nel campo. Quella è critica che chiunque abbia a che fare con le problematiche del Disagio Relazionale deve fare a partire da se stesso, dalla propria operatività messa sempre a confronto da un lato con le pratiche dalla logica manicomiale, dall’altro con le inflazionate proposte delle buone pratiche. Le buone pratiche sono pratiche della complicità ma solo di certa complicità.
Già nel 1764 la follia riguardava gli organi del cervello che si ammala come si possono ammalare i piedi e le mani di un gottoso. Il ministro Rosy Bindi, a protezione della nostra salute mentale, riproponeva ancora una pratica criminale: l’elettroshock.

Sotto varie forme, sotto vari titoli, sotto varie etichette, sotto varie diagnosi, sotto varie stigmatizzazioni l’“Incompatibilità ambientale”. Che tipo di diagnosi è? Che tipo di condizione? Non sembra essere una riconosciuta qualità. È un’ingiuria? È un’etichetta?
Può essere una persona ritenuta talmente inquinante da essere dichiarata “incompatibile ambientale”, come una qualsiasi carcassa di frigorifero abbandonato in Piazza San Pietro a Roma? E perché no?
Perché mai in una democratica psichiatria, vestita dalle buone speranze della Tutela della Salute Mentale, uno psichiatra può indifferentemente etichettare una persona?
La “Cronaca dai non-luoghi” continua nell’stituzione territoriale. Distruggere quanto di violenza rimane del vecchio manicomio e quanto di nuova democratica cronicizzazione si costruisce nel nuovo. Troppo scandaloso?
Una questione di dignità oltre che un diverso modo dell’assistenza e una relazione con il Disagio Relazionale con un occhio diverso.
Autoritari camuffati e sofisticati l’hanno accusata di autoritarismo sfrenato. La psichiatria mal sopporta essere messa in luce. Non sopporta l’iceberg di se stessa. La psichiatra è stata prima promossa per i meriti quindi abbandonata.
Se buone pratiche sono possibili, andavano e vanno prima di tutto conquistate. Se conquistate sicuramente vanno difese. Gruppi autonomi di base: una proposta che mira alla difesa delle buone pratiche. Indispensabile la creazione di strutture di difesa, di gruppi autonomi di difesa.
Il Forum incomincia a mettere il naso dentro il manicomio. Che gli strumenti del metodo siano adeguati al fine… questo è un altro paio di maniche.
Si chiude un manicomio e se ne apre un altro. Cronaca dai non-luoghi ce lo racconta. Dentro i non-luoghi si può andare a guardare. Si può guardare dentro il nuovo manicomio. Passo su passo.

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